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Libro del cielo e dell’inferno

Libro del cielo e dell’inferno

Vasta silloge («strettamente edonistica e soggettiva» avrebbe detto Borges) delle immagini che gli uomini si sono fatti di quegli universi ulteriori dove ai defunti sono destinati castighi e ricompense, il «Libro del cielo e dell’inferno» affianca, in un affascinante disordine, frammenti di testi sacri a resoconti di mistici visionari, poetiche figurazioni di scrittori ad accurate e non meno immaginose speculazioni di filosofi e teologi, mescolando antico e moderno, fede e scetticismo, gravità e ironia. Ci incanteremo così di fronte al paradiso del Valhalla, dove i guerrieri morti in battaglia ogni mattino si armano, combattono, si danno la morte e rinascono, e all’inferno a sette piani delle «Mille e una notte», l’uno sopra l’altro e distanti mille anni fra loro. Ma, soprattutto, si fisseranno per sempre nella nostra memoria i cieli tenacemente terreni immaginati da scrittori come Charles Lamb o Miguel de Unamuno o ancora Mark Twain, cui si deve questa lapidaria descrizione: «Dov’era lei, era l’Eden». Come auspica il rapido Prologo, del resto, «Chissà che il nostro volume non lasci intravedere la millenaria evoluzione dei concetti di cielo e di inferno: a partire da Swedenborg si pensa a stati dell’anima e non a un luogo di premi e a un altro di pene».

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