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«È stato l'avvento del secondo aereo, uno squalo che avanzava basso sopra la Statua della Libertà: quello, il momento determinante».
La cronaca e le riflessioni di Martin Amis su come il disprezzo per la razionalità e la frustrazione sessuale di un gruppo di fondamentalisti sono sfociati nel matrimonio da incubo tra la noia e il terrore che connota il nostro presente. Un testo provocatorio e spiazzante sull'11 settembre per quello che il «Times» ha definito «il più impegnato tra gli scrittori della nostra epoca».
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«Amis ci offre dei dispacci dal fronte politico internazionale, e allo stesso tempo un libro su ciò che significa essere uno scrittore, esserlo qui agli albori del ventunesimo secolo, con tutti i compromessi, le concessioni e le delusioni che questo comporta».
«The Literary Review»
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«Vorrei essere cane, scimmia o orso, tutto fuorché quel futile animale che si fa vanto d'esser razionale», scriveva Lord Rochester nella sua Satira contro l'umanità: era il 1675 e l'età della ragione, dell'individualismo e dell'empirismo bussava superba alle porte, naturale quindi che Rochester fosse piuttosto scettico sulla presunta assennatezza dei suoi simili. A rileggere oggi quei versi, le sue preoccupazioni appaiono decisamente premature: «un minimo di prospettiva basta ad accorgersi che l'uomo si consacra solo saltuariamente al razionale», ci dice Martin Amis. Lo dimostra il secondo aereo, perché «è stato l'avvento del secondo aereo, uno squalo che avanzava basso sopra la Statua della Libertà, il momento determinante». Nel quarto d'ora che separa il primo velivolo dal secondo si poteva ancora credere alla casualità di un incidente, foss'anche il più spettacolare della storia. Ma quando, quella mattina dell'11 settembre 2001, il secondo aereo - una massa orrorifica di tonnellate d'acciaio lanciate a più di novecento chilometri orari sopra Manhattan - si conficcò con la lucida volontà dell'intenzione nel corpo della Torre Sud, l'America non poté fare altro che prendere atto dell'implacabile odio rivolto verso di lei.
Gli attacchi terroristici, l'ascesa del fondamentalismo islamista, le guerre in Afghanistan e Iraq, i balordi sillogismi di Donald Rumsfeld, l'assalto alla razionalità illuminista, la trasformazione profonda e violenta del nostro orizzonte emotivo. Ma anche la condizione femminile, la crisi della mascolinità, le frustrazioni dello scrittore, l'inatteso legame tra terrore e noia. Tanto è stato scritto su quello «schianto morale» che è stato il crollo delle torri, nondimeno lo sguardo di Amis in questi saggi e racconti riesce a essere sorprendentemente spiazzante, coraggioso, senza timore di risultare scomodo e provocatorio.
«L'11 settembre ha accorciato la distanza che separa la realtà dal delirio. Perciò quando ne parliamo, chiamiamolo con il nome che gli compete; non diamo a intendere di aver incassato e archiviato quell'evento, quel fenomeno, senza frizioni. Non è vero. L'11 settembre continua, va avanti, con tutto il suo mistero, la sua instabilità, e il suo atroce dinamismo».
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