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In questo saggio del 1890 Lev Tolstoj – all’età di sessantadue anni – mette in guardia l’umanità dai rischi connessi all’ottundimento volontario della coscienza.
Tale ottundimento è realizzato mediante quelle che lui chiama «droghe» – e in questa categoria annovera non solo quelle che chiamiamo droghe anche noi, ma anche alcolici e fumo. In altre parole fa quello che ogni società dovrebbe fare – considerare tutte le sostanze che alterano la coscienza alla stessa stregua, che facciano o no parte della tradizione locale culturospecifica.
La parola che abbiamo tradotto «droga», durman, è l’espressione russa per lo stramonio (Datura stramonium) e, per estensione, di tutte le sostanze inebrianti. Un’altra parola che ricorre spesso in questo saggio è quella che abbiamo tradotto «stupefacenti», in russo odurâûŝij, participio presente del verbo odurât’, che significa «annebbiare la coscienza mediante influenza esterna». Mi rincresce che la parola suoni un po’ burocratica, e per la precisione a me ricorda il gergo dei verbali di polizia, ma d’altra parte l’unica alternativa era «inebrianti», che non è particolarmente vantaggiosa.
Anche quello che Tolstoj ci dice sul fumo è di grande attualità. Il pericolo di questa “droga” è che ce la si può portare in giro ovunque, non necessita di particolari attrezzature, e – all’epoca in cui il testo è stato scritto – si poteva consumare ovunque, senza limitazioni, solo dopo avere detto la frase di rito «Le dà fastidio?», a cui l’unica risposta beneducata possibile è «No, faccia pure». I fumatori, allora come ora, approfittano di questo bug nella nostra cultura – la beneducazione che impedisce di dire le cose come stanno – e inquinano lo spazio degli altri come non sarebbe ammissibile con altre sostanze inquinanti – odori corporali, per esempio. Come dice Tolstoj: «Nessuno si permetterebbe di bagnare il pavimento della stanza in cui ci sono delle persone, fare rumore, urlare, far entrare il freddo, il caldo o la puzza, fare cose che disturbano e danneggiano gli altri».
Come succede a tutti i grandi, c’è una parte della produzione letteraria di Tolstoj di gran lunga sottovalutata. Per fortuna c’è sempre modo di recuperare il tempo perduto non leggendo i saggi di Tolstoj.
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