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Invasioni controllate

Invasioni controllate

Padre psicoanalista, figlio scrittore: un indimenticabile «romanzo a due voci»

«Le cose, a differenza di noi, permangono, si tramandano. Possiamo amarle, tenerci, ma hanno un destino che non è il nostro. Più in generale, la saggezza della vecchiaia dovrebbe consistere nella felicità che il mondo continui dopo di noi, in una maniera che non possiamo prevedere, e magari più bella.»
Mario Trevi

Invasioni controllate – «romanzo a due voci», come lo definiva l’edizione del 2007 – mette in scena un padre, Mario Trevi, psicanalista e pioniere degli studi junghiani in Italia, e un figlio, Emanuele Trevi, tra i più apprezzati scrittori e critici odierni. Lo psicanalista e lo scrittore si impegnano in un colloquio che è al contempo conversazione intima, viaggio filosofico, ricostruzione storica; Mario, nonostante il suo carattere schivo, acconsente a farsi «torturare» dalle domande di Emanuele, rievocando episodi, incontri, a volte personali e delicati a volte sintomatici di un’epoca.
Perché quella di Mario è stata una vita appartata, sì, ma singolarmente ricca: leggeremo così dell’esperienza
di partigiano e di soldato, dell’amicizia con Beppe Fenoglio e Federico Fellini, del rapporto col maestro Ernst Bernhard, del modo in cui le «invasioni controllate» dell’inconscio ci soccorrono nell’esistenza e nella creazione artistica.
Antefatto imperdibile per i tanti che hanno amato La casa del mago, ma al contempo opera compiuta in sé, fra le più amate di Emanuele Trevi per i pochi che, fino a questa nuova edizione, l’hanno letta, Invasioni controllate scorre nello spazio-tempo fra anima, ombra e Storia, ricongiungendo due individui e due generazioni così diverse come quelle che in Occidente la Seconda guerra mondiale ha diviso – eppure così legate e reciprocamente debitrici.

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