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Mia nonna e il Conte

Mia nonna e il Conte

«Come certe ragazzine così timide e ritrose da sembrare anonime, che svelano il loro fascino al momento giusto, nel giro di un’estate, a sedici o diciotto anni, iniziando a raggiare alla maniera di astri appena scoperti nella carta del cielo, mia nonna diventò bellissima dopo gli ottanta.» È una nonna dai tratti di dea arcaica, Peppinella, la protagonista di questo libro, una perentoria matriarca calabrese che, come una regina, vive riverita da due dame di compagnia – Delia e Carmelina – ma che al pari di ogni donna del popolo guarda Beautiful al pomeriggio. Nel suo giardino dominato dall’imponente cibbia, il nipote Emanuele trascorre – immerso nei libri – le interminabili estati dell’infanzia e della giovinezza. Ed è in questo hortus conclusus che un bel giorno Peppinella si vede comparire davanti addirittura un Conte, anch’egli ultraottantenne e studioso della storia borbonica, che le porge un mazzetto di fiori e chiede il permesso di attraversare la sua proprietà, per accorciare il percorso da casa al paese. Passaggio dopo passaggio, tra Peppinella e il Conte fiorisce un affetto inaspettato, tardivo, privo di ansie e pretese, gratuito. «Come se fossero rinchiusi in una sfera di cristallo, custodivano un segreto inaccessibile, la formula di un incantesimo di cui entrambi, a loro insaputa, possedevano la metà necessaria a completare l’altra» scrive Emanuele Trevi, che della storia d’amore della nonna è stato testimone partecipe. E in queste pagine piene di intimità e di spirito restituisce e trasfigura una narrazione famigliare sospesa tra il quotidiano e l’eterno, intessuta di uno struggente sentimento del tempo.

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