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Fu nelle colonie greche del Mediterraneo, tra il VI e il V secolo a.C., che vennero formulate le prime congetture sulla sostanza fondamentale di cui è fatto il mondo. «Fisici» e filosofi erano alla ricerca dei principi costituenti dell'universo, e questa indagine - da Talete a Eraclito, da Parmenide a Democrito - condusse alle prime, originali risposte circa la natura e l'apparenza delle cose. Nell'indagare e descrivere una realtà sottostante e unificatrice, gli antichi greci erano come gli scienziati moderni. Ma, secondo il premio Nobel per la fisica Steven Weinberg, la somiglianza finisce qui. Infatti nessuno - a Mileto, a Efeso, ad Abdera o ad Atene - cercò mai di «spiegare» come le teorie sul principio fondamentale del kosmos rendessero conto delle apparenze, così come nessuno tentò di verificare o anche solo giustificare le proprie ipotesi. Non si trattava di pigrizia intellettuale. Semplicemente, i greci non ne avvertivano la necessità e «non lo avevano mai visto fare».
Per arrivare a una comprensione scientifica del mondo si dovrà attendere, per Weinberg, la grande rivoluzione intellettuale che, tra il XVI e il XVII secolo, condurrà alla «scoperta» della scienza moderna, vale a dire quell'insieme di pratiche, di canoni e di procedure con cui oggi guardiamo ai fenomeni dell'universo. È stato un cammino lungo e difficile, che dall'Accademia di Platone e il Museo di Alessandria, passando per l'elaborazione compiuta in Europa e nei paesi arabi durante il Medioevo, ha portato alle grandi imprese di Copernico e Keplero, Tycho Brahe e Descartes, Galileo e Newton. Un cammino che l'autore di Spiegare il mondo ripercorre nelle sue tappe fondamentali - con un'attenzione rivolta in particolare alla storia della fisica e dell'astronomia -, soffermandosi sugli snodi concettuali, le discontinuità, gli errori e le vie «sbagliate», senza tralasciare i conflitti sorti in epoche e contesti differenti con i dogmi della fede e le istituzioni religiose, né i rapporti, dai contorni spesso indistinti, con la filosofia e la tecnologia. Un cammino, infine, seguito con una buona dose di irriverenza - in particolare laddove Weinberg non esita a criticare i metodi e le teorie del passato alla luce delle conoscenze attuali - e con la consapevolezza che la scienza, lungi dal garantire una qualche forma di certezza, non è altro che il tentativo di dare una risposta «soddisfacente» alle domande che da sempre l'uomo si pone circa le leggi della natura. Una risposta spesso accidentale, a volte imprevedibile, ma che tuttavia è in grado di avvicinarci a una conoscenza che oltre a essere attendibile è anche fonte di gioia.
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