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Non qui, non altrove

Non qui, non altrove

«Non qui, non altrove è un tuffo profondo e toccante nella comunità dei Nativi Americani: un esordio stupefacente.» Margaret Atwood via Twitter

«Essere indiano non ha mai significato il ritorno alla terra.
La terra è ovunque, o in nessun luogo.»


Ogni anno, a Oakland, in California, gli indiani d'America organizzano un raduno, una grande festa della nazione perduta e impossibile da dimenticare.
Ogni anno, oltre le perline colorate, le penne fra i capelli e il folklore turistico delle riserve, migliaia di nativi del Nord America confluiscono lì da altre città, dove vivono senza sentirsi mai a casa. Si ritrovano per cercare l'uno nell'altro una patria, per riavere un luogo che, almeno per un giorno, sia di nuovo solo loro. E ognuno lo fa a modo suo.

Il giovane Dene tiene viva la memoria dello zio raccogliendo testimonianze per un documentario. Edwin entra a far parte dell'organizzazione del powwow, come i nativi chiamano l'evento, per conciliare le sue origini miste. Jacquie cerca di riprendere le fila della sua vita disperata attraverso quella famiglia che non sa più di avere. E così, insieme agli altri formidabili personaggi che popolano il romanzo, con le loro storie maledette e potenti che si intrecciano l'una all'altra, quegli uomini e quelle donne si preparano a vivere una giornata speciale, che si rivelerà fatale per tutti.

Non qui, non altrove è il ritratto meraviglioso di un'America che quasi nessuno di noi conosce. È memoria, spiritualità e bellezza. È identità, violenza e riscatto.
È la storia di una nazione e del suo popolo. È la rabbia e la nostalgia per un qui che abbiamo considerato nostro e custodiamo nel cuore, ma che in qualche modo, portandocelo via, altri ci hanno costretto a chiamare altrove.

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