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«Ho sedici anni, sono immortale, ho un amore, e non c'è mare che possa resistere alle mie bracciate, alle mie astuzie». Esistono molti modi per guardarsi indietro e raccontare cosa si è stati. Ernesto Franco ne ha messo a punto uno tutto suo, per lampi, travestimenti, epifanie. Il narratore di queste pagine ha mille forme e mille voci, a volte sparisce e a volte occupa l'intera scena: ora è un bambino travestito da Corsaro Nero, ora il padre che gioca a Batman con il figlio; ora è marito, ora amante, ora ragazzo e militante negli anni Settanta. E poi ladro, dottore, cecchino, editore, rivoluzionario russo, killer serale di topi... Attraverso questa girandola di personaggi, Ernesto Franco ci racconta tutte le persone che siamo se ci osserviamo da vicino, fondendo vita immaginata e vita vissuta in un bricolage mitico, letterario ed emozionante.
Questo singolare autoritratto di fantasia è una scommessa narrativa che sfida l'esperienza individuale per farsi letteratura, trascendendo ciò che esiste di piú intimo e personale, cioè il racconto della propria vita, per rivolgersi proprio a tutti. Alla base di Sono stato c'è l'intuizione di interrogare e ripercorrere, senza remore né pudore, i molti volti e le molte fisionomie della persona con cui l'autore ha intrattenuto negli anni la frequentazione piú duratura: se stesso. E cosí i frammenti di un'esistenza riaffiorano e sfilano davanti ai nostri occhi in un elenco toccante di ricordi, di evanescenze sognate e di istanti vagheggiati. Su questo palcoscenico dell'immaginazione la memoria gioca a nascondino con la letteratura, tra seminari lacaniani e pomeriggi d'amore, pranzi di Natale a base di hashish e scuole di recitazione, componendo un ritratto mobile e intenso di uno scrittore, di un editore, di un uomo, a cui il destino ha consegnato la qualità rara di saper tenere insieme grazia e passione. Ernesto Franco ha convocato le moltitudini - anche quelle letterarie - che lo hanno accompagnato nel corso della sua vita, tra passeggiate a Buenos Aires, sedute di pesca subacquea, meravigliose telefonate nei panni di Batman fatte al figlio Giorgio. E mentre il mare di Genova scintilla nel blu e si confonde col cielo, ha scritto un libro in cui risuona un'eco profondamente magica. «La vita intanto passa. Questo lo sappiamo tutti. E i giuramenti, a guardarli da lontano, non sono altro che un atto di superbia di piccoli uomini di fronte all'universo immenso. Vien da ridere, ma, a pensarci bene, sono la profezia di un peccato».
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