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Dei delitti e delle pene è un testo cardine dell’illuminismo italiano ed europeo. Fin dalla prima pubblicazione, avvenuta nel 1764, ottiene un successo e una diffusione enormi. Viene tradotto in diverse lingue e riesce a influenzare l’azione riformatrice di alcuni sovrani illuminati dell’epoca (il granduca di Toscana Pietro Leopoldo, l’imperatrice di Russia Caterina II, il re di Prussia Federico II, per citarne alcuni), nonché l’opera costituente dei padri fondatori degli Stati Uniti (in particolare il futuro presidente Thomas Jefferson). Inoltre, non va dimenticato che la stessa Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, approvata nel 1789, ha senz’altro più di un debito nei confronti del presente testo. Il trattato trova nella considerazione della pena come mero mezzo di autodifesa dello stato e quindi di prevenzione sociale la sua idea più rivoluzionaria. L’imputato, visto sempre come una persona e mai come una cosa, viene rimesso al centro del dibattito processuale, egli gode perciò di una serie di garanzie. La pena deve essere: veloce nell’applicazione, pubblica, proporzionata al delitto commesso e regolata dalla legge. Con ritmo veloce e incalzante Beccaria arriva, infine, a indicare nell’elevato grado di diffusione dell’istruzione e della cultura il migliore deterrente per ridurre la violenza e il crimine e per rendere più sana e civile la società. Va detto che la distinzione tra peccato e reato gli valse, nel 1766, l’inclusione del saggio da parte della Chiesa nell’Indice dei libri proibiti. Dei delitti e delle pene può a pieno titolo essere ritenuto uno dei pilastri del moderno diritto penale e processuale. Beccaria infatti, almeno sul piano teorico, sancisce il superamento dei metodi arbitrari e persecutori propri dell’ancieme régime.
Cesare Bonesana, marchese di Beccarlia, nasce a Milano il 15 marzo 1738. Giurista, economista e letterato di chiara matrice illuminista, anima la cerchia dei giovani intellettuali che ruota intorno ai fratelli Verri. Ancora oggi il suo pensiero stupisce per l’estrema modernità e coerenza. Muore a Milano il 28 novembre 1794.
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