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«Don Segundo Sombra» è l’ultimo capolavoro della letteratura gaucesca – quel singolare fenomeno argentino che nel giro di pochi decenni produsse una costellazione di opere memorabili, come «Facundo» (1845) di Domingo Sarmiento, il «Martín Fierro» (1872) di José Hernández, «The purple land» (1885) di William H. Hudson. Nel 1926, quando fu pubblicato «Don Segundo Sombra», il mondo dei gauchos e le sue storie erano già diventati arcaici e il libro di Güiraldes veniva a sigillarne la fine. Ma il fascino di quelle storie non ha cessato di agire. In diverse forme – siano il tango, il cinematografo o certi racconti rigorosi di Jorge Luis Borges – lo spirito del mondo gaucesco ha continuato e continua a vivere, la sua mitologia non si esaurisce anche se diventa sempre più remota. Nella sua angusta protervia, si tratta infatti di una mitologia complessa e insostituibile, dissimulata dietro più semplici apparenze. Lo spazio della pampa, la vita dei mandriani, la natura illimitata, la condizione fra libera e servile degli uomini, il sangue misto e l’incertezza delle origini disegnavano una vita apparentemente brada, ma in realtà soggetta a codici astratti e feroci: un mondo a parte, di selvaggia nobiltà, fondato sull’infamia e sulla fierezza taciturna, sul privilegio del gesto sulla parola, sul rischio mortale e inutile, prova di assoluto prestigio e di vitalità. Terreno naturale, perciò, di storie favolose, tanto più intense quanto più scarni e ripetitivi sono gli elementi delle vicende. Don Segundo Sombra è l’ultimo eroe di quel mondo: fin dalla sua prima apparizione egli è la guida e l’iniziatore, una stupenda figura di padre scelto per destino – e il suo figlio spirituale è il narratore del romanzo. La struttura di «Don Segundo Sombra» obbedisce a quell’archetipo del narrare che, nella sua trascrizione moderna, è stato chiamato «romanzo di avventure». Il narratore, ricettivo e vigile, entra nel mondo – che coincide in questo caso mitologicamente con la vita dei gauchos – e il mondo gli scorre davanti in varie tappe che trasformano successivamente il testimone indeterminato in una persona irripetibile. «Don Segundo Sombra» è dunque innanzitutto la storia di una iniziazione esemplare al mondo dei gauchos. Ma se, come scrisse Borges, «ogni gaucho della letteratura è, in qualche modo, il letterato che lo inventò», «Don Segundo Sombra» è al tempo stesso la storia della iniziazione di Güiraldes al suo proprio destino. Se non avesse scritto questo libro, Güiraldes sarebbe forse ricordato soltanto come un eccellente letterato. Aristocratico e cosmopolita, amico di Larbaud e di molti altri scrittori europei del tempo, Ricardo Güiraldes (1886-1927) aveva pubblicato fino al 1926 poesie («El concerro de cristal», 1915), racconti e romanzi («Cuentos de muerte y de sangre», 1915, «Rosaura», 1917, «Raucho», 1917), un diario romanzesco ed esotico («Xaimaca», 1923). La più segreta aspirazione di Güiraldes era forse quella a cui accenna in una sua lettera del 1927, dove dice che «Don Segundo Sombra» vuole «affermare la sua pretesa al titolo di discepolo letterario del gaucho». Da vero gaucho, egli aspira a compiersi nello splendore di un gesto – e il «Don Segundo» è forse, prima di tutto, il riflesso di quel gesto.
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